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Perché l’ha fatto? – La vita di chi resta di Matteo B. Bianchi

Attenzione! Il seguente articolo contiene riflessioni su un tema molto delicato e sensibile, quello del suicidio di un caro. Se pensate che possa urtare la vostra sensibilità, fermatevi qui. In caso contrario, buona lettura.

Contiene spoiler

<<Ma tu avevi capito che sarebbe potuto succedere? Avevi colto dei segnali? Si[…] dicevano che non dovevo preoccuparmi, che faceva tutto questo solo per impressionarmi[…] io temevo che dicesse sul serio, me lo sentivo>>

Proviamo a fare un piccolo esperimento: uscite per un momento dai vostri corpi, lontani dalla quotidianità e dalla frenesia. Immaginate, ora, di essere un ragazzo appena venticinquenne con una vita lavorativa soddisfacente e niente in più da chiedere per essere felici e di star condividendo il vostro cuore con un altro uomo, di dieci anni più grande, con cui, tuttavia, dopo un periodo di sesso e amore, iniziate a non sentirvi più felici come prima: litigi, urla e divergenze mandano il rapporto in frantumi. Poi, un giorno, mentre siete a lavoro, ricevete una chiamata sul cellulare. È lui che, in modo emblematico, prima di riattaccare vi dice “Quando torni non ci sarò più”. Non badate molto a quelle parole. Leggete tra le righe e pensate che significhino “ho deciso di andarmene di casa. La nostra convivenza non può andare oltre”. Vi rilassate e tornare al vostro lavoro. Poi ecco, che vi si insinua nel cervello un’altra possibile lettura. “Non vorrà mica intendere quel senso?”. Avete paura e, presi dal panico, perdete la concentrazione. Ritornate a casa e lì, la fatale scoperta: il vostro compagno, con una corda intorno al collo, si è impiccato, decidendo di porre fine alla sua vita in modo tragico e lasciandovi da soli ad affrontare il dolore della sua perdita.

Come vi sentite dopo questo evento di cui, anche solo con la fantasia, vi siete resi protagonisti? Frustrati? Impotenti? Distrutti? Questo è ciò che successo, nel 1998 a Matteo B. Bianchi (All’anagrafe Matteo Bianchi, nato in provincia di Milano nel 1966), che, attraverso il suo ultimo libro, “La Vita di chi Resta”, presentato al Premio Strega di quest’anno e vincitore dell’Orbetello Book Prize mette a nudo i suoi sentimenti e, senza alcun filtro, con parole anche spesso molto crude e dirette, racconta il suo doloroso percorso di redenzione in quanto “sopravvissuto”, come lui stesso si definisce, ad una tragedia che gli è piombata addosso come un fiume in piena. Il romanzo, se si vuole chiamare così, è un insieme di pensieri sparsi (quello che in letteratura è chiamato memoir), pagine e stralci scritti nel corso di più di venti anni da parte dell’autore che non sempre seguono un filo logico se non sul finale, quando viene spiegato il motivo del perché è stato spinto a buttar giù tutta questa sofferenza su carta: era tutto a causa del dissidio dello scrittore. In effetti, se da una parte il Matteo uomo voleva completamente chiudersi a riccio perché anche solo accennare al suo amato S. (Simone? Stefano? L’autore ha voluto giustamente censurarne il nome per tutelarne la privacy) lo avrebbe fatto piangere a dirotto, dall’altra il Matteo scrittore pretendeva che questa storia fosse consegnata ad un pubblico più vasto, così da far capire a tutti coloro che si sono trovati nella stessa situazione di non essere soli ad affrontare questo dolore straziante. E, a quanto pare, il Matteo scrittore, ci aveva visto giusto: come più volte dichiarato dall’autore in varie interviste, grazie a queste pagine, si è creata una meravigliosa catena solidale che ha riunito una serie di “sopravvissuti”. Egli ricorda spesso tra i suoi appunti, inoltre, il fatto di non essere riuscito i primi tempi a comprendersi completamente perché l’anno successivo alla morte di S. aveva pubblicato il suo primo romanzo, Generation of Love, che parlava proprio della loro storia d’amore. Il suo stato d’animo, quindi, era una costante apatia da un lato quando era da solo o con i suoi amici e un finto sorriso dall’altro quando doveva sorridere ai lettori che, durante gli incontri in libreria, gli chiedevano un autografo.

Foto: Sasha Freemind su unsplash

Un piccolo approfondimento di storia della psicologia: nel 1965 la psichiatra svizzera Elizabeth Kübler Ross affermò che il “lutto” (concepito non solo come la morte di un caro ma anche come l’allontanamento fisico da una persona a seguito di un rapporto molto intenso finito male) si metabolizza secondo un processo diviso in cinque fasi di durata variabile in base alla persona: 1) Rifiuto (la difficoltà nell’accettare la separazione), 2) Rabbia (verso sé stessi e la persona) 3) Patteggiamento (cercare, ma con scarso successo, di tornare alla normalità) 4) Depressione (causata da una maggiore consapevolezza del trauma subito) 5) Accettazione (superamento definitivo della perdita). Il libro, in modo più o meno volontario, non manca affatto di tratteggiare il percorso di crescita dello scrittore, evidenziando alla perfezione ognuna di queste cinque tappe che, nel loro insieme, sono definite con il nome di “Cinque Fasi del Dolore”. Si passa da momenti di incapacità a muoversi, quasi a respirare a scatti d’ira improvvisi, al cercare di avere una sorta di rivalsa nella vita. Ma è solo sul finale che capisce la cosa più importante di tutti, quella soluzione al suo problema che era sotto i suoi occhi ma che si rifiutava di accettare: lasciare andare S., consegnarlo al mondo dei ricordi e fare in modo che quella diventasse la sua nuova casa, ovunque fosse. Il cerchio, finalmente, si chiude.

Mentre procedevo tra le pagine di questo libro, la mia mente, navigando in vari stati d’animo causati dalla lettura, ha fatto un collegamento con la famosa serie TV “Tredici” (Thirteen Reasons Why), divenuta un fenomeno mediatico a seguito della sua pubblicazione sulla piattaforma streaming Netflix. La protagonista della storia, Hannah Baker, incarnata da una bravissima Katherine Langford, compie lo stesso gesto di S. a seguito di una serie di atti di bullismo subiti per mano dei suoi compagni di classe. I colpevoli, tuttavia, non sono solo i suoi coetanei ma anche gli adulti, che, a loro volta, non sono riusciti a comprendere i segnali di aiuto che la ragazza stava mandando. La serie non mancò dal suscitare una serie di polemiche perché molti accusarono lo sceneggiatore e produttore, Brian Yorkey, di voler spettacolarizzare un tema così delicato e molti psicologi espressero il timore che molti ragazzi avrebbero potuto emulare il suo comportamento. Per il sottoscritto, invece, opere come “La Vita di chi Resta” e “Tredici” sono delle lucide e vivide testimonianze di quello che può essere la mente umana e dei terribili pensieri di cui essa può riempirsi fino a far intossicare la persona. Nel romanzo non ci viene spiegato il motivo del suicidio di S. (lo stesso Bianchi afferma di esserselo chiesto mille volte ma di non essere arrivato a nessuna conclusione) ma questo non rende l’opera meno forte e intensa. Il suicidio è una delle principali cause di morte, al giorno d’oggi. E testimonianze del genere sono importanti per avviare campagne di prevenzione.

Se siete ancora immersi nella realtà dell’esperimento che vi ho proposto all’inizio, uscite dal personaggio. Rientrate in voi stessi. Alzatevi dal divano o dalla sedia su cui siete seduti e andate a sussurrare un “Ti voglio bene” alla persona più vicina a voi. Uscite da questo sito, andate su Whatsapp e scrivete un gigantesco “TI AMO” a vostro marito o a vostra moglie. Imparate ad ascoltare. Imparate a volervi bene. Imparate. Perché in un mondo sempre più alla deriva, l’amore è l’unica risposta. Chiudo con queste bellissime parole, alcune delle ultime, tratte da “La Vita di chi Resta”:

<<Potremmo fare i conti con i nostri limiti per sempre. In un modo o nell’altro andremo avanti a farlo. Ma se vogliamo continuare a vivere, un giorno dovremo avere pietà di noi e smettere di condannarci>>

Soundtrack: Romina Falconi – Le 5 fasi del dolore

Simple Plan – Untitled (How could this happen to me?)

Written by Roberto B.

Un late Millennial cresciuto a pane e Musica Metal
Appassionato di romanzi, letteratura italiana e straniera, Manga e Anime

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