Gli anni Settanta, con la rivoluzione culturale e sociale in atto, non lasciò indifferente la Rai che rinunciò al pedagogismo dei primi anni e mise in campo una grande voglia di sperimentare nuovi linguaggi e contenuti, con produzioni come gli sceneggiati “Verso l’avventura” (1970), 14 puntate per la regina di Pino Passalacqua completamente girati in esterni o programmi come “Fotostorie” (1970) o il contenitore “Uoki Toki”, di Donatella Ziliotto, regia di Norman Paolo Mozzato.
Gianni Rodari, nel programma “Il paese di Giocagiò” (1970), grazie ai disegni di Lele Luzzati mise in scena i suoi testi. Il programma andò in onda per una sola stagione, ma con ricchissimi spunti culturali e pedagogici, forte della grande inventiva e genialità del suo autore.
Nel 1973 fu di nuovo Cino Tortorella a mettersi al lavoro per sperimentare una nuova trasmissione, “Il Dirodorlando”, in onda per tre stagioni. Il programma, condotto da Ettore Andenna, andava in onda il sabato pomeriggio ed era un game show, tanto che sostituì i telequiz “Scacco al re” e soprattutto il già citato “Chissà chi lo sa?” nella stessa fascia oraria. Il canovaccio in cui si districavano indovinelli e quiz era la sottotrama e il linguaggio medievaleggiante, con termini inventati di sana pianta come barabitti e baldostenghi.
Dalla sua nascita la Rai deteneva il Monopolio delle trasmissioni televisive.
Il 19 dicembre 1956 la società Il Tempo-T.V. si rivolse al Ministero delle poste e delle comunicazioni per poter realizzare un servizio di radiodiffusione che fosse di tipo commerciale, e quindi basato sui ricavi pubblicitari L’emittente avrebbe dovuto essere presente in Toscana, Lazio e Campania. Avrebbe direttamente provveduto alla costruzione di antenne e studi televisivi. Per non disturbare le trasmissioni nazionali chiese di trasmettere sulle frequenze UHF e non VHF, sulle quali trasmetteva la Rai.

Il Tempo-T.V. invocò gli art. 21, 41 e 43 della Costituzione, che parlavano del Monopolio della televisione da parte dello Stato. Stessa questione fu sollevata dalla società della Lombardia TV1. Nel frattempo centinaia di reti televisive locali vennero create in tutta Italia.
Nel 1975 la Rai fu protagonista di un’importante riforma con la legge 14 aprile 1975, n. 103. Oltre alla nascita della terza rete e la conferma del monopolio di Stato sulle trasmissioni radiotelevisive fu previsto l’importante passaggio del controllo del servizio pubblico radiotelevisivo dallo Stato al Parlamento, cosa che aprì alla lottizzazione politica della Rai, ossia la divisione dei canali televisivi su base elettorale. Ogni grande schieramento politico avrebbe in questo modo avuto il controllo di uno dei tre principali canali Rai.
Nel 1972 l’ex regista della Rai Giuseppe Sacchi creò Telebiella, che fu la prima emittente televisiva locale in Italia a violare il monopolio della Rai. Telebiella utilizzava frequenze via cavo, invece che via etere come faceva la Rai, sfruttando un vuoto normativo, che la legge non aveva previsto, del Regio Decreto 27 febbraio 1936, n. 645.
Seguirono l’esempio altre reti private locali finché il Presidente della Repubblica Giovanni Leone emanò il D.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, che prevedeva l’unificazione di tutti i mezzi di comunicazione e che rese di fatto illegali tutte le reti private. Tutte le reti private furono chiuse ma Telebiella continuò le trasmissioni fino all’oscuramento dell’emittente da parte del secondo governo di Giulio Andreotti. La questione divenne di interesse nazionale tanto che i Repubblicani ritirarono l’appoggio al governo Andreotti proprio su questa questione e il governo si dimise.
La Corte costituzionale si espresse in merito alla sollevazione di dubbio di incostituzionalità in seguito all’arresto di Giuseppe Sacchi, dichiarando l’illegittimità del monopolio televisivo con la sentenza 10 luglio 1974, n. 225.
Tra le tante sentenze costituzionali che si espressero a proposito delle trasmissioni televisive va segnalata la sentenza della Corte costituzionale 28 luglio 1976, n. 202 che liberalizzò le trasmissioni televisive via etere, in ambito locale ma mantenendo il monopolio dello Stato.
Nel 1985 il primo esecutivo Craxi emanò il decreto-legge 6 dicembre 1984, n. 807 – convertito in legge 4 febbraio 1985, n. 10 – che intervenne a favore delle trasmissioni del gruppo Fininvest su tutto il territorio nazionale, tanto che il provvedimento fu chiamato decreto Berlusconi, a cui seguirono altri provvedimenti. Dopo numerose vicende sia parlamentari che legali, fu emanata la legge Mammì, legge 6 agosto 1990, n. 223. Seguirono la Legge Maccanico del 31 luglio 1997, n. 249 e più tardi la Legge Gasparri del 3 maggio 2004, n. 112.
Che excursus normativo dettagliato! Comunque mi aspetto qualche articolo sulle prime trasmissioni Fininvest e su come veniva accennato (SE, veniva accennato) il tema “lgbt”. Sarebbe una ricerca interessante.