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Storia del bacio gay e lesbo nel cinema

IL PRIMO BACIO (NON SI RICORDA SEMPRE)
“La storia del bacio al cinema sembra iniziare con un bacio alquanto trasgressivo: quello fra gli attori John C. Rice e May Irvin, l’uno in abiti maschili, l’altro femminili, nel film THE KISS, prodotto da Thomas Alva Edison nel 1896”
In realtà l’aggettivo “trasgressivo” è da porre in riferimento ai film della fine del Novecento; Dario Tomasi è come se ci anticipasse il valore che verrà dato (a partire dalla fine degli anni 60) al bacio tra due uomini o tra due donne, inteso come peccaminoso, provocatorio, eversivo. Di fatto, il bacio a cui fa riferimento l’autore è da intendere come un bacio “etero” vero e proprio in quanto, agli albori del Cinema (e come succedeva anche per il teatro), era frequente che attori maschi interpretassero parti femminili.
Il primo film che andremo ad analizzare è WINGS, diretto da William Wellman nel 1927. Si tratta di un film muto fu il primo miglior film premiato ai neo-istituiti Academy Awards nel 1927. È un film di guerra che ha come temi l’amicizia, l’amore e è ben evidente al suo epilogo una certa impronta pacifista.
Jack Powell (Charles Rogers) e David Armstrong (Richard Arlen) abitano nella stessa piccola cittadina americana; sono rivali in amore in quanto ognuno fa di tutto per avere le attenzioni della bella Sylvia Lewis (Jobyna Ralston). Jack crede erroneamente che sia lui il “preferito” di Sylvia, in realtà è David. I due giovani, entrambi arruolatisi per diventare piloti da combattimento, sono alloggiati insieme. Durante il periodo di addestramento da nemici diventano migliori amici e alla fine sono spediti in Francia per combattere contro i tedeschi nella guerra del 15-18. Le sequenze di combattimento aereo erano all’avanguardia: Wellman adottò un metodo mai sperimentato prima: telecamere montate sulla carlinga degli aerei ed evoluzioni pericolosissime.
Il culmine della storia avviene con l’epica battaglia di Saint-Mihiel. David è colpito e creduto morto dai commilitoni. In realtà sopravvive grazie ad un atterraggio di fortuna, ruba un biplano tedesco, e si dirige verso le linee alleate. Con un colpo di tragica sfortuna, è individuato e abbattuto da Jack, che era deciso a tutti costi a vendicare il suo amico. Quando Jack atterra vittorioso ed esultante si accorgerà di quello che è successo. Da questo punto ha inizio la sequenza che ci sembrava interessante proporre. Innanzitutto la scena drammatica presenta fin da subito un rimando all’iconografia religiosa. Prima che l’aereo di David cada su un’abitazione vediamo una donna e la sua bambina inginocchiate dinanzi ad una nicchia in cui vi è un crocifisso. Vedendo avvicinarsi l’aereo la donna, spaventata, urla. Nell’inquadratura in primo piano del volto della donna il regista lascia uno spazio per il grande crocifisso di legno. Lei è vestita di nero, un velo nero di pizzo le copre la testa, il tutto è presagio di lutto. Come nella più classica rappresentazione iconografica e cinematografica della crocifissione (penso ad esempio alla crocefissione di Gesù in “Il vangelo secondo Matteo” di Pasolini) quella presenza femminile fin da subito ci ricorda la Madonna o Maria Maddalena che sotto la croce piange Cristo crocefisso. Mentre il corpo di David viene estratto dall’aereo distrutto, Jack atterra col suo aereo in prossimità dell’apparecchio nemico abbattuto nei pressi di un cimitero. Un’inquadratura con un campo lungo mostra l’aereo appena atterrato e dietro un paesaggio fatto di colline disseminate di croci bianche tutte in fila, un cimitero di caduti in guerra probabilmente. La croce torna come elemento ricorrente poco dopo quando Jack, ancora all’oscuro di ciò che è successo e felice di aver abbattuto il nemico, stacca dalle ali del velivolo la croce simbolo dell’esercito tedesco. A quel punto la donna vestita di nero, con la sua bambina in braccio, richiama l’attenzione dell’ufficiale e lo invita ad andare tra le macerie. Con un piano medio vengono inquadrate madre, figlia e il crocefisso che si erge integro dalle pietre. A quel punto al primo piano di Jack sconcertato ma felice di vedere l’amico, si alterna al piano medio di David che giace disteso e sofferente su una panca come Cristo deposto dalla Croce. Jack si avvicina e lo abbraccia, con una mano gli mantiene il capo con l’altra gli cinge il busto. Poi si rialza e toglie la cuffia da pilota che ha in testa. È una sorta di smascheramento, da questo momento Jack non è più il pilota invincibile ma un uomo preoccupato per l’amico che è in pericolo di vita e, per uno strano scherzo del destino, la colpa è proprio sua. “C’est la guerre”, questo si sente rispondere quando chiede ad ufficiale francese di trovare un dottore che curi David. A questo punto la macchina da presa indugia sul volto stravolto di Jack con un primo piano che si alterna al primo piano dell’amico sofferente ma che non gli risparmia un sorriso: “don’t go Jack” gli dice, e lui gli si butta al collo. Il pathos è crescente. I volti adesso sono vicini e i due restano abbracciati. Se non fossero due uomini penseremmo che quello è un tragico addio che va suggellato con un bacio, e infatti il bacio c‟è.
Preso dal senso di colpa e dal dolore per l‟amico che sta morendo tra le sue braccia Jack bacia David quasi sulle labbra. I due continuano ad accarezzarsi i capelli e Jack chiede perdono riferendosi alla rivalità per Sylvia; continua dicendo “You know there is nothing in the world that means so much to me as your friendship” e David gli risponde “I knew it, all the time”. La morte di David è simboleggiata da una scena in esterno in cui si vede l’elica di un aeroplano che pian piano si ferma, sullo sfondo il cimitero di croci bianche.

Insomma, se non fosse che il tema è quello dell’amicizia qui sembrano esserci tutti i presupposti narrativi e visivi affinché questo possa essere considerato un bacio tra due persone dello stesso sesso coinvolte sentimentalmente, insomma sono amici ma le immagini sembrano far intuire qualcosa di più senza eccessive forzature. L’intreccio della storia in fondo è tutto concentrato intorno a questi due personaggi maschili, e le donne diventano quasi un pretesto per smuovere il racconto. Il tema centrale è l’inutilità e la tragicità della guerra fatta dagli uomini e a cui si oppone l’amore tra gli uomini inteso come fratellanza; essi possono essere capaci di grandi sentimenti e non solo di odio e rivalità tra loro. D’effetto l’inquadratura sul particolare della croce tedesca che Jack
aveva ritagliato dall’aereo nemico che viene calpestata da lui stesso mentre prende in braccio il
corpo dell’amico per portarlo all’esterno e dargli sepoltura.
Di fatto il mondo omosessuale tra ranghi militari è stato volutamente ignorato dal cinema , anche se molti militari vi facevano parte; il rigido moralismo anglosassone a Hollywood e l’imperante cattolicesimo europeo non permisero che il tema venisse sviluppato almeno sino alle rivoluzioni generazionali degli anni sessanta. D’altra parte in tutte le comunità militari chiuse, come in tutti i luoghi dove c’è una alta densità di uomini e nessuna presenza femminile, c’è stata sempre omosessualità: c’era nelle accademie militari prussiane di Federico II come tra le comunità guerriere degli indiani nord americani. Ad oggi, nell’esercito statunitense ad esempio, vige la politica del politica del “Don’t Ask, don’t Tell” segno che l’omosessualità tra i ranghi non è stata ancora legittimata o quantomeno accettata.

Marocco (1930), Marlene Dietrich bacia una donna.

Passiamo adesso quello che è stato definito “primo bacio omosessuale” della storia del cinema:
tratto dal film MAROCCO di Joseph Von Sternberg con Marlene Dietrich e Gary Cooper
. Il film sentimentale/ drammatico prodotto dalla Paramount Pictures nel 1930, vede il debutto a Hollywood di Marlene Dietrich. La collaborazione Sternberg-Dietrich era cominciata qualche anno prima in Germania e proprio nell’aprile del 1930 si assisteva al successo di “L’Angelo Azzurro” il primo film sonoro del Cinema Tedesco . Il personaggio di Lola Lola (Marlene Dietrich), cantante di varietà,
donna perversa, ossessione erotica di un rispettabile professore, umiliato e ridicolizzato, diventa un’icona della Storia del Cinema, consacrando Marlene Dietrich, mito e Diva, quale modello di Femme fatale per antonomasia.
Anche in Morocco l’attrice vestirà i panni della femme fatale ma in un modo del tutto diverso da quello di “L’angelo azzurro”. Il film hollywoodiano è idealmente ambientato in Marocco appunto, a Mogador, luogo in cui la cantante Amy (Marlene Dietrich) arriva da Parigi per lavorare al cabaret “Lo Tinto’s “; contemporaneamente vi giunge un reggimento della Legione Straniera. Quella notte, al cabaret, il legionario Tom Brown (Gary Cooper) mette in mostra tutte le proprie capacità seduttive e tra i due nasce una storia d’amore. Tom rimane vittima del fascino della cantante proprio nella memorabile scena in cui Marlene, vestita da uomo, fa la sua esibizione. Mentre canta la donna viene guardata con bramosia dagli uomini, soprattutto dal giovane e aitante Tom Brown. Lei sembra ricambiare vagamente gli sguardi, ma con un atteggiamento a metà tra sfida e lusinga; è una tecnica di seduzione anche quella, far finta di niente. Finita l’esibizione canora, comincia un breve piano sequenza che ci porterà al bacio: la cantante, che con fare mascolino fuma una sigaretta e poi la butta a terra, scavalca la staccionata di legno che la separa dai tavoli e va tra i clienti. Un uomo le offre da bere, lei con una mano in tasca sorseggia. Gli ostentati atteggiamenti maschili non riescono a nascondere la sensualità della donna, il gioco dei ruoli non fa che accrescere la sua carica erotica.
Scolatosi il bicchiere, sofferma il suo sguardo su una ragazza seduta al tavolo; le due si guardano, l’inquadratura è sempre un campo totale, questo sottolinea la mancanza di intimità tra le due. La cantante indugia un po’, poi sfila dai capelli della donna un fiore, da sempre simbolo del femminile, e lo annusa. Ad un tratto lo mette da parte e, avvicinandosi alla bocca della ragazza, mantenendole il mento con la mano, la bacia; è l’uomo che fa il primo passo. Il breve bacio fa emergere tutta la civetteria della ragazza e scatena l’applauso del pubblico presente divertito. Il bacio è in questo caso una evidente provocazione, serve alla cantante per sottolineare la sua fama da famme fatale il cui obiettivo è quello di conquistare Tom a cui lancerà il fiore che aveva rubato.
Per un’attrice, Marlene Dietrich, che era stata presentata a Hollywood con lo slogan: “La donna che perfino le donne possono adorare” quel bacio rappresenta la conquista di entrambi i generi sessuali, e soprattutto del nuovo mondo (quello americano). È qui forse che comincia quella che sarà una costante nella storia del bacio omosessuale al cinema, ovvero quel rapporto quasi patologico tra “scandalo e successo”.


Una nota a questo punto la merita il film RAGAZZE IN UNIFORME (1931) della regista Leontine Sagan, tratto dal dramma teatrale Gestern und Heute (Ieri ed oggi) di Christa Winsloe.

La storia si svolge in Germania alla vigilia della guerra del 1914, in un collegio di Potsdam riservato a figlie di ufficiali che vi sono educate con severissima disciplina prussiana.
È indicato come il primo film a tema lesbico. Il bacio tra l’allieva Manuela von Meinhardis (Hertha Thiele) e la giovane professoressa Fräulein von Bernburg (Dorothea Wieck), di cui l’adolescente è innamorata, è molto delicato e assume un significato nettamente diverso rispetto a quello provocatorio di Marlene Dietrich visto sugli schermi l’anno prima. È la sensibilità e la dolcezza femminile che si esprime attraverso la scena: per la buonanotte l’insegnante passa tra i letti delle allieve e le bacia sulla fronte. In un pesante clima da caserma quello è un momento di tenerezza che tutte le ragazze agognano. Quando arriva da Manuela lei le si getta al collo, abbracciandola.
Nonostante l’aria apparentemente distaccata e severa, sottolineata dal fatto di essere in ombra, la professoressa prende l’iniziativa, si avvicina al volto candido e illuminato (d‟amore) della sua
alunna e la bacia. Dall’inquadratura in primo piano dei volti delle donne, si passa, durante il
brevissimo bacio, a un piano medio. Questo allontanamento sembra voler significare, già a questo
punto della storia, che quel rapporto non può avere un continuum e che inevitabilmente l‟insegnate
e l’allieva dovranno stare lontane.
Tra i baci omosessuali il bacio tra donne è il primo ad essere sdoganato con due accezioni distinte:
tentazione/provocazione e dolcezza/sentimenti.

I BACI MAI DATI (DAGLI ANNI 30 AGLI ANNI 70)
Negli anni Trenta una vera ondata di repressione moralistica si abbatté sull’America. Il prodotto di questo disastro fu il Codice Hays, una specie di manuale d’autocensura al quale tutti i produttori, registi e attori dovevano uniformarsi. Prendeva il nome da Will H. Hays, presidente della Motion Pictures Producers and Distributors of America. Entrò in azione il 31 Marzo 1930 e sopravvisse con nomi diversi fino alla fine degli anni Sessanta, prendendo spesso il nome del presidente in carica.
In merito all’omosessualità vi era scritto: “quando è visibile, è antisociale. L‟omosessualità è stata
socialmente accettabile, solo al prezzo di una posizione volontariamente invisibile, quando cioè gli
omosessuali hanno accettato di passare per eterosessuali. Un comportamento apertamente omosessuale può riflettersi, sullo schermo come nella vita reale, solo nella penombra di un mondo a parte.”

La convenzione per il cinema per tantissimi anni è stata quella di evitare di mostrare gli atti omosessuali e di identificare, invece, una persona come gay attraverso stereotipi e l’uso di alcuni “significanti” come: l’effeminatezza, un modo strano di camminare, uno stile stravagante
di vestire
, ecc; elementi che si limitano a suggerire l’orientamento sessuale del soggetto. Il cinema si
è nascosti per anni dietro i clichè ed ha evitato accuratamente di raffigurare sullo schermo l‟atto che più naturalmente rl‟orientamento omosessuale di una persona, ovvero un bacio tra un uomo e un uomo (o donna/donna).

Il bacio gay di Sunday Bloody Sunday


Tutto questo spiega il perché (mentre il cinema hollywoodiano produceva i classici modelli di rappresentazione filmica del bacio eterosessuale), per assistere al primo vero bacio gay si è dovuto attendere il 1971. Il film è SUNDAY BLOODY SUNDAY di John Schlesinger, regista gay inglese che nel 1969 aveva già diretto “Un uomo da marciapiede” provocando scandalo per i nudi integrali e le scene di sesso e stupro, ma aggiudicatosi tre premi Oscar.
Il protagonista di “Domenica, maledetta domenica” è un giovanissimo scultore e designer, Bob Elkin (Murray Head), il quale ha una duplice relazione amorosa, con una donna e con un uomo più anziano di lui. L’uomo, Daniel Hirsh (Peter Finch), un medico ebreo colto e raffinato, e la donna, Alex Greville, una borghese divorziata che lavora come consulente del lavoro, sanno che Bob non appartiene a nessuno di loro. Bob infatti non vuole che nessun legame emotivo lo vincoli e gli impedisca di sperimentarsi e vivere appieno la sua giovinezza. Egli fa dell’affermazione personale il suo obiettivo e la sperimentazione sessuale corrisponde nel suo caso a una delle libertà che cerca in ogni campo dell’esistenza. Un giorno però Bob annuncia improvvisamente la sua decisione di recarsi per qualche tempo a New York, per mettervi a frutto il suo talento, questo mette in crisi le vite dei suoi amanti che andranno perdendosi nelle loro rispettive solitudini.
Il film fece tanto discutere e scandalizzò molti benpensanti nonostante, già a partire dal decennio precedente, sullo schermo la sessualità e il nudo erano stati sdoganati (si pensi ad esempio ai nudi integrali dei film di Pasolini). Ma era la prima volta che due uomini si baciavano in un film mainstream a fare particolarmente scalpore fu infatti la scena del bacio tra Bob e Daniel (Finch e Head): la prima volta che il cinema lasciava libero corso a un ́effusione omosessuale.
La scena vera e propria vede Daniel (Peter Fink) di ritorno a casa dopo una lunga giornata di lavoro e un funerale. Lì ritrova inaspettatamente Bob che lo accoglie con un caloroso abbraccio. Siamo
dinanzi a una soglia, anzi la si è varcata: è la porta di casa si Daniel; ma è, allo stesso tempo, idealmente, il cinema a varcare una soglia, facendo un passo in avanti verso l‟accettazione dell’omosessualità e una normalizzazione della sua rappresentazione. Attraverso un piano sequenza
si vede l‟entrata in casa di Daniel che cammina verso Bob che entra nell‟inquadratura nel momento
in cui si abbracciano. Dopo l‟abbraccio i due inquadrati in primo piano si scambiano un bacio lungo qualche secondo per poi riabbracciarsi di nuovo. La macchina stacca dai due per fare un primo piano di Bob che con un sorriso si stringe alla spalla di Daniel. Questo tipo di messa in scena non evidenzia tanto il bacio “scandaloso” ma la naturalità delle azioni degli attori (in sequenza appunto, senza stacchi che enfatizzino elementi particolari se non il sorriso tenero e ingenuo di Bob). Tutto ciò si inscrive nella maniera in cui il regista sceglie di trattare l‟orientamento sessuale dei tre protagonisti: che Alex, Bob e Daniel siano rispettivamente etero, bisex e gay non ha alcun peso sulla trama o sulle scelte formali, sono tre forme d’amore (non è solo questione di sesso) paritarie, trattate con la stessa naturalezza e la stessa dignità. Bob bacia entrambi i suoi amanti e va a letto con entrambi. Entrambi soffrono, in maniera diversa certo, esprimendo il dolore in un modo differente, ma che non ha nulla a che vedere con i loro gusti sessuali.
Schlesinger rappresenta l‟omossessualità senza farne un caso,senza farne il tema principale, il regista piuttosto parla della libertà sessuale dei protagonisti dandola semplicemente per scontata, non usandola come facile leva per un colpo di scena.
Quel bacio a sorpresa tra i due uomini, non lascivo e non vergognoso, diventa uno scossone proprio perché pulito e senza colpa. Insomma il primo bacio gay è un bacio “normale e normalizzatore”.

BACI DI DAMA
Gli anni ’80 vedono già compiuta la rivoluzione sociale e sessuale cominciata a partire dalla fine degli anni ’60 e la spingono oltre, sul terreno della trasgressione.
Nel senso etimologico del termine (dal latino transgredi), trasgredire significa “avanzare”, “spingersi oltre”. La trasgressione, profondamente intesa, non sta affatto nella volontà di superare un confine o di violare un divieto, né è dettata dall’insoddisfazione, bensì sta nella necessità di proiettarsi continuamente oltre di sé, verso l’altro, come unico modo possibile di essere se stessi. Un esercizio che non finisce mai e in cui l’essere umano sperimenta la dimensione ignota di sé e del mondo. È in questa accezione che vogliamo intendere la trasgressione soprattutto nella
raffigurazione dei baci omosessuali, in quanto essa permette in un certo senso l‟avanzamento del sé omosessuale verso un’accettazione della sua condizione, se pure mossa a partire da una situazione apparentemente al limite.
Fin dall’inizio della storia del cinema i baci tra donne portano con loro una carica trasgressiva. La donna, sinonimo del peccato, quindi cosa c’è di più peccaminoso di due donne che si incontrano
sessualmente!?

Il cult queer “Miriam si sveglia a mezzanotte”


Gli anni 80 ci regalano di fatto una delle scene più belle di bacio tra donne, che lascia trasparire quell’erotismo che diventerà in quegli anni un genere a sé. Il film da cui è tratta è MIRIAM SI
SVEGLIA A MEZZANOTTE
(The hunger) di Tony Scott (fratello minore di Ridley Scott) che
ha tra gli interpreti Catherine Deneuve, David Bowie, Susan Sarandon.
Miriam (Catherine Deneuve) è una vampira egizia che trecento anni prima aveva sposato un giovane promettendogli l’eterna giovinezza. Ma questi un giorno inizia ad invecchiare velocemente e si rivolge ad una dottoressa che, non capendo la situazione dell’uomo, non gli bada più di tanto. L’uomo muore nel volgere di poche ore. Sarah (Susan Sarandon), la dottoressa, incuriosita da quanto accaduto, va ad indagare a casa dell’uomo e incontra Miriam. Tra le due nasce un’attrazione fortissima che sfocia nella passione, e Miriam vampirizza Sarah. Il preludio immediato vede le due donne parlare sulle note suonate da Miriam al pianoforte, la location e la casa dall‟atmosfera soffusa di Miriam (i vampiri non amano particolarmente la luce). Tutto cambia quando dal campo totale si passa al primo piano di Sarah: bevendo le cade una goccia sulla maglia bianchissima che esalta il rosso vivo della macchia inquadrata come un dettaglio. Il sangue richiama due elementi: il succo vitale per ogni vampiro e il mestruo femminile. Le note del pianoforte a quel punto sono sovrastate sempre più da un brano di musica classica. Inizia un breve piano sequenza in cui le i gesti delle due donne, inquadrate in un piano medio, sono rallentate. L’utilizzo del rallenty accompagnerà tutta la sequenza enfatizzando ogni gesto. In un certo senso la macchia ha inficiato la purezza di Sarah che togliendosi la maglia bianca si abbandona completamente all’oscurità del mondo della dark lady Miriam. Per inquadrare il bacio si passa dal mezzo primo piano al primo piano, la macchina si avvicina. Nell’inquadratura sono presenti in modo speculare le due donne. La musica dona un senso tra il mistico e l’ascetico. Le due donne continuano abbandonando i loro corpi nudi in una sorta di danza accompagnata dalla musica che va svanendo e sostituita da suoni sinistri e gravi nel momento in cui Miriam, da buon vampiro qual è, morde al collo di Sarah.

Passiamo invece adesso ad un altro film che rappresenta il bacio tra due donne in maniera del tutto opposta, cioè privo di ogni allegoria, ma calato in una situazione “normale”, potremmo definirla classica. Non è un caso infatti che si tratti di un film tratto da una storia vera quella delle vicissitudini della ventunenne Teena Brandon, transgender biologicamente donna che nel 1993 si trasferisce da Lincoln a Falls City nel Nebraska cittadina nota per la poca tolleranza dei suoi abitanti.
La storia, che avrà un tragico epilogo, alterna momenti drammatici a momenti romantici che sono riferiti alla storia d’amore tra Teena (che si fa chiamare Brandon) e Lana Tisdale, ragazzina che vive con la madre in una situazione a dir poco borderline. La speranza di Brandon di cominciare una nuova vita a Falls city inizia a realizzarsi: diviene “amico” della timida Candace Lambert e dei suoi due futuri assassini John Lotter e Tom Nissen, ed è proprio grazie a loro che incontra Lana. Il film dal titolo BOYS DON‟T CRY è stato girato nel 1999 dalla regista Kimberly Peirce e tra i tanti premi vinti ricordiamo l’Oscar come migliore attrice a Hilary Swank.
Il primo bacio tra le ragazze si consuma dopo circa 45 minuti a casa di Candace dove Brandon è ospite. Il ragazzo è in procinto di partire per tornare qualche giorno a Lincoln quando alla porta bussa Lana. Dopo aver scambiato qualche parola lei si siede sul divano e poi fa lo stesso anche lui.
Ovviamente il tutto è giocato sull’ambiguità, la ragazza (Teena) che sembra una ragazzo, si sente e si comporta da tale facendo credere a Lana, e a tutti gli altri, di esserlo realmente.
La partenza di Brandon spinge la situazione verso uno smascheramento dei sentimenti di entrambe che si consuma nel bacio. La macchina si avvicina stringendo sulle ragazze e Brandon bacia Lena.
A quel punto lui si alza e va verso la porta. Sulla soglia, luogo tipico del distacco e momento in cui gli innamorati si trovano a fare i conti con l’idea di lasciarsi, assistiamo ad un dialogo in campo controcampo, le attrici sono inquadrate in primo piano. Assistiamo a un altro bacio in cui ad essere inquadrato è il volto di Lana e di Brandon vediamo la nuca. Questo sottolinea il protagonismo di
Lana nell’azione, insomma non subisce passivamente il bacio, tutt‟altro. Da qui in poi sappiamo che le due ragazze condividono un sentimento, o comunque un‟attrazione. Tutta la scena è completamente priva di musica, insomma nessuna teatralità o enfatizzazione. Il bacio è messo a nudo nella sua semplicità e spontaneità, preso per quello che è, niente di trasgressivo o provocatorio.


Queste due rappresentazioni del bacio al femminile sembrano buoni esempi per dividere (per
quanto si può) il bacio lesbico in due categorie: quello trasgressivo e quello dolce e spontaneo.

BACIO DA OSCAR
Gli ultimi decennio hanno visto un cambio di rotta a proposito della rappresentazione di baci gay al cinema. Artefice di questo cambiamento nel cinema è stato il pluripremiato FILM I SEGRETI DI BROKEBACK MOUNTAIN diretto da Ang Lee nel 2005, vincitore tra gli altri, del premio Oscar per la miglior regia. Il film è basato sul racconto di Annie Proulx pubblicato per la prima volta sulla rivista americana The New Yorker il13 ottobre 1997. La storia è ambientata in Wyoming e comincia nell’estate del 1963. Due giovani uomini Ennis Del Mar (Heath Ledger) e
Jack Twist (Jake Gyllenhaal) nemmeno ventenni, avvezzi al lavoro di fattoria e piuttosto spiantati si ritrovano casualmente a fare domanda per lo stesso impiego: condurre un gregge di pecore nella zona di Brokeback Mountain (un luogo fittizio), in alta quota, a cui dovranno badare per tutta l’estate. Fuori dal mondo, in quel luogo sospeso che rompe con le convenzioni giù a valle, che spezza i tempi della cultura per seguire quelli di natura, i due giovani si avvicinano fino a toccarsi.
Nella tenda, diventata alcova, il cameratismo si converte in passione. Dopo quella notte non saranno più gli stessi. Consapevoli che il legame da loro creato non può sussistere nella realtà in cui vivono dopo la stagione estiva ritornano alle loro vite “normali”. Si sposano e mettono su famiglia. Non si vedono per un po‟ di anni fino a quando Jack non riceve una cartolina in cui Ennis gli annuncia il
suo arrivo. A questo punto è collocata la scena che andremo ad analizzare.
Dalla finestra di casa sua Ennis vede Jack arrivare in macchina. Di corsa si precipita fuori dall’abitazione e scende le scale andando incontro all‟amico. Sotto al portico di casa (anche in questo caso una soglia), terra di confine tra la vita che Ennis non vuole e la vita che non può avere, i due si ricongiungono in un potente abbraccio. Poi la macchina indugia in un primo piano dei due cowboys che per un attimo si guardano. A quel punto Ennis si guarda intorno, in fondo devono nascondersi agli occhi indiscreti del mondo che non li accetta; con veemenza prende Jack per il collo della giacca e lo spinge verso il muro della casa, la scena è ripresa con un carrello, i personaggi sono in primo piano. Il successivo campo e controcampo con i primissimi piani degli attori sottolineano ‘intimità, l’esclusione dal mondo esterno dei due uomini. Da sottolineare la passione ai limiti della violenza con cui i due si baciano tenendosi il volto stretto tra le mani. Quella forza è l’unico elemento che ci ricorda la virilità dei due amanti che anche in questo moment conservano il loro ruolo di uomini duri, sono pur sempre cowboys. Questo punto del film è cruciale anche per il prosieguo della storia. Infatti la moglie di Ennis dalla finestra scorge i due uomini baciarsi, il tutto sottolineato da una sorta di soggettiva nella quale, in campo lungo, figurano i due amanti nel cortile. Sconvolta la donna richiude la porta, quasi a voler respingere quello che ha visto, a rifiutare la realtà. Per anni manterrà dentro di sé questo segreto fino a quando non esploderà ponendo fine al matrimonio con il marito.
Un film pieno di baci e scene di passione tra due uomini che ha fatto parlare di sé, ma che ha di fatto portato la tematica gay all‟esterno dei film di genere che a partire dagli anni ‟80 cominciarono ad essere girati.

BACI POSTMODERNI
Considerando il ritardo della presenza della rappresentazione filmica sugli schermi, possiamo dire che il bacio omosessuale è ancora nella sua “età classica”, o comunque non ha potuto beneficiare della lunga tradizione di sperimentazione cinematografica come è stato per il bacio etero.
Mi sembrava però opportuno portare all’attenzione un film che in qualche modo rielabora gli schemi canonici di raffigurazione e il significato narrativo del bacio, in questo caso di quello saffico. Nonostante, come qui si è cercato in parte di dimostrare, il cinema sia stato l‟artefice di quel processo di “normalizzazione” sia cinematografico che sociale del bacio omosessuale, la stampa e gli altri mezzi di informazione continuano a scandalizzarsi per questo tipo di scene.
Superato il Codice Hays almeno formalmente, ci sembra che anche presso il pubblico si sia alzata, negli anni, quella soglia di tolleranza nei confronti dell’omosessualità o comunque di tutto ciò che sembra fuori dalla norma, e in questo caso anche dai canoni filmici oltre che sociali.
Eppure è recente il caso dello scandalo suscitato dal film IL CIGNO NERO che vede una scena esplicita di sesso tra due donne sembra annullare ogni sforzo, sia del cinema che di chi lotta per la parità dei diritti degli omosessuali.
Black Swan è un film di Darren Aronofsky del 2010, tra l’altro vincitore di diversi premi nei tanti festival a cui ha partecipato. A New York una compagnia di balletto sta allestendo Il lago dei cigni. Il direttore della compagnia, Thomas Leroy (Vincent Cassel) decide di sostituire la prima ballerina Beth, iniziando una nuova selezione per il ruolo principale. Ben presto il campo si restringe a Nina (Natalie Portman), molto brava tecnicamente ma che non riesce a interpretare il cigno nero essendo poco sensuale per quella parte, e Lily (Mila Kunis), meno precisa tecnicamente ma molto più sensuale.


Ne Il lago dei cigni è infatti previsto che la prima ballerina interpreti sia il ruolo dell’innocente Odette (cigno bianco) che della sensuale Odile (cigno nero). Thomas affida inizialmente il ruolo a Nina, che però inizia a deluderlo, essendo poco convincente nel ruolo del cigno nero, che deve ammaliare e sedurre il principe Siegfried.
Nina è costretta a sondare il suo io profondo per scoprire come far emergere il lato oscuro del cigno nero: ciò la porta ad una lotta con se stessa. È in questa ricerca del dark side di se stessa che si inserisce la scena che andiamo a presentare. Si tratta del bacio tra Nina e Lily. Dopo la serata passata insieme a ballare in una discoteca, abitudine che non appartiene alla sempre composta Nina, quest‟ultima, in preda alle allucinazioni provocate da un cocktail di alcool e droghe fattole bere proprio da Lily, torna a casa, nella sua stanza, unico luogo in cui si sente al sicuro, lontano anche dagli altri posti della casa abitati dall‟inquietante e poco permissiva madre. Appena chiusa dietro di
sè la porta della sua camera, trova ad aspettarla proprio la sua amica. Nina le va incontro decisa e la bacia con tutta quella sensualità che non ha mai saputo tirar fuori, neanche nel precedente bacio col direttore del balletto che la provocava ad essere più sexy e carnale per far emergere il “suo” cigno nero.

La scena è altamente erotica, le donne, in un montaggio abbastanza serrato che le vede spogliarsi e baciarsi con sempre più passione. Fin qui sembrerebbe un bacio lesbico che potremmo trovare in qualunque film o telefilm che tratti la tematica e che diventano sempre più espliciti in fatto di scene di sesso. In realtà quello che ci porta a definire questa scena come raffigurante di un bacio cosiddetto postmoderno è la ricchezza di elementi che possiamo ritrovarvi, il gusto barocco della costruzione della sequenza. Innanzitutto la musica sembra non essere abbastanza languida per una scena di sesso tra due donne che si desiderano, infatti è tutt’altro che ammaliante. È una colonna sonora inquietante quella che segue l’azione delle protagoniste, sembra accompagnare una lotta più che un atto sessuale, col suo ritmo incalzante e i suoni gravi. Anche il montaggio veloce ci trasmette l’idea di fasi concitate, tra amazzoni combattenti. In realtà questa scena rappresenta il clou della lotta interiore della protagonista Nina tra le due sue anime, quella del cigno bianco e quella del cigno nero che ovviamente è rappresentato da Lily anche nei colori. Quest’ultima indossa infatti intimo nero (a differenza di quello di Nina bianco) e porta un tatuaggio che la copre la schiena raffigurante appunto delle ali nere. Queste sembrano quasi avere una consistenza materiale: mentre le due donne si contorcono sul letto a tratti si percepisce il loro fruscio nell’aria, rumore che sarà ricorrente poi nel film appunto per indicare lo scuotere delle ali del cigno nero nei momenti in cui si manifesta. La presenza dello specchio pone all’interno di una delle prime inquadrature della scena sia la figura di Nina che quella riflessa di Lily,lei è esattamente il suo doppio. Il continuo scambio di identità è data anche dalla confusione delle inquadrature che, sovvertendo le regole canoniche, inquadrano le donne quando da un lato e quando dall’altro, invertendone la posizione nell’inquadratura in primo piano, provocando una sorta di smarrimento dello spettatore. Questa scena esemplifica pienamente la lotta interiore comune a tutti gli uomini, quella tra bene e male, luce e ombra, peccato e redenzione. Nessuna trasgressione fine a se stessa dunque, ne semplice gusto vouyeristico, solo una rappresentazione “postmoderna” dei temi che accompagnano le storie dell’umanità da quando è si è cominciato a narrarle.

Scritto da STEFANIA R.

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