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Recensione: Querelle – di Rainer Werner Fassbinder

   Ci sono pochi film intensi e drammatici come Querelle. Un turbinio di emozioni che trascina lo spettatore a continuare la visione, con disgusto e fascinazione.

    Ci sono pochi film intensi e drammatici come Querelle. Un turbinio di emozioni che trascina lo spettatore a continuare la visione, con disgusto e fascinazione. Il film fu presentato al festival del Cinema di Venezia nel 1982, non tra poche polemiche. Non vinse (il leone d’oro toccò a “Lo stato delle cose” di Wim Wenders), ma ottenne molta visibilità nei media. All’uscita in Italia non bastò il divieto ai minori di 18 anni, ma fu comunque rovinato dalla censura, in particolare la scena in cui il marinaio Querelle viene sodomizzato da Nono. La scena è presente nell’edizione dvd, però ormai da tempo fuori catalogo (che potete comunque recuperare in costose aste su e-bay). Peccato. Perchè il film è uno di quelli da vedere assolutamente.

    Girato come un teatro di posa, con colori accesi tendenti al rosso, la regia di Fassbinder ne evidenzia la coralità e la poesia. Tratto dal romanzo Querelle de Brest di Jean Genet, pubblicato nel 1947. La canzone cantata da Lysiane è tratta da “La ballata del carcere di Reading”, di Oscar Wilde. Il film è l’ultimo del regista Fassibinder, un film distribuito postumo, in quanto il regista morì poco dopo probabilmente a causa di un’overdose

Attenzione, presenta alcune anticipazioni.

    La vicenda ha come protagonista il marinaio Querelle (derivato da “macquerelle” termine femminilizzato di “macquereau”, in italiano “magnaccia”). Querelle è imbarcato sulla nave “Vengeur”, ancorata nel porto di Brest, è bello e forte ed è nascostamente amato dal comandante della nave, il tenente Seblon (interpretato da Franco Nero). Sceso a terra, conosce in un bistrot-bordello il padrone del sordido locale, Nono, sua moglie Lysiane, amante del fratello di Querelle, Robert. Querelle vende oppio a Nono, gioca a dadi con Nono la sua integrità, perde e ne subisce le conseguenze, soffia al fratello l’amante Lysiane, intesse una nefanda tresca con Mario, un bestiale poliziotto, al quale denuncia Gil, un assassino del quale si è innamorato, e infine supplica il suo innamorato tenente Seblon di sfogare su di lui i suoi perversi desideri, per raggiungere finalmente l’identità che va disperatamente cercando nell’esperienza di ogni nefandezza.

    Querelle è la reincarnazione del male, l’eterna antitesi di suo fratello Robert, ma anche di ognuno di noi. Una dualità tra il bene e il male che però il marinaio porta all’esasperazione. L’attrazione che prova per il fratello dovrebbe essere la chiave di svolta della sua vita, ma Querelle è destinato ad altro. Amare ed odiare. E le due cose in lui si confondono. Quando uccide un altro marinaio a sangue freddo, prova una sensazione di rivalsa, solo in questo la sua vita ha senso. Quando si avvicina a Gil, lo fa solo perché spinto dall’oscuro desiderio di conoscere qualcuno che, come lui, sia degno di tanto Amore/Odio. Conoscere un assassino è qualcosa che lo spinge ad amare, a modo suo. Un turbinio calcolato e razionale, una voglia disperata di amore e riscatto da una vita che secondo il marinaio non può trovare realizzazione altrove se non nel sesso e nella disperazione. Nella fugace ricerca di un attimo e non nella pedissequa costanza del quotidiano.

    Querelle è l’incarnazione della bellezza, come un angelo malefico sceso dal cielo, colui che è responsabile di ogni male sulla terra, ma che non si può non amare. Il tenente Seblon è un uomo comune, di quelli mai macchiati da infamie, che però sente in lui un turbamento nell’amore per il personaggio interpretato da Brad Davies. La voglia di possederlo, non tanto carnalmente, quanto in modo assoluto è il desiderio che spinge ognuno di noi verso la sublime tentazione dell’inarrivabile. Brutto a dirlo, ma tutti vorremmo essere Querelle, con la sua passione irrefrenabile, la sua bellezza assoluta, il suo talento nell’amore. La sua totale irrequietezza. La sua autodistruzione.

    Ma come nel romanzo di De Sade “Justine e le disavventure della virtù” è la sregolatezza e l’ambizione ad avere la meglio. Querelle, da semplice mozzo, diventa protetto del Tenente, che sa tutto ma che, come in ogni nefandezza che si rispetti, tace. Come ogni volta che c’è l’odio e che c’è l’amore.

Scritto da Giulio S.

Quasi quarantenne appassionato di cinema, televisione, manga e letteratura. Based in Rome.

Comments

  1. Recensione che fa venire voglia di guardarlo, anche senza scene porno. Nel cast anche Jeanne Moreau? Sti c(azzi). Riflessione personale: certo che nel 1982 si era ben lontani da rappresentazioni edificanti e positive degli uomini gay. Sembra che essi potessero essere associati solo a concetti di vizio, depravazione, eccesso sessuale… e non, che so, amicizia, famiglia, paternità. Del resto erano altri tempi e probabilmente il senso del film è proprio da ricercare nella sua carica sovversiva.

  2. Sicuramente all’epoca, come dici tu, si era lontano da un rappresentazione edificante dell’omosessualità. In effetti i principali detrattori di questo film lo criticano per la visione turpe che presenta. Io lo trovo un film molto affascinante. È forse l’ora di abbandonare una rapprreenetazioe didascalisca e buonista del mondo LGBT+? Io dire che di sì. Se puoi guarda il film.

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