La moglie di Tchaikovsky, al cinema dal 5 Ottobre, ha avuto una storia travagliata. Girato prima della guerra in Ucraina e in concorso al Festival di Cannes, lo scorso maggio, ha dovuto difendersi dalle improbabili accuse di una parte dell’opinione pubblica e delle personalità della politica che avrebbero voluto escluderlo dalla competizione in quanto russo. L’associazione dei filmaker ucraini chiedeva il bando dei film russi, e il film è stato ammesso alla competizione perché girato prima della guerra in Ucraina. Tra le accuse principali il fatto che il film sia stato finanziato da un oligarca russo molto vicino a Putin, Roman Abramovich. «Non si possono oscurare Tolstoj, Dostoevskij o Tchaikovsky», ha giustamente ricordato il regista, Kirill Serebrennikov.
Dichiaratamente omosessuale, attivista per i diritti Lgbt+, è stata una voce forte e decisa contro il regime di Putin. Pur non citando il dittatore apertamente, ha condannato l’invasione della Crimea da parte della Russia del 2014 ed è diventato un simbolo della resistenza. Ha lavorato nei più grandi e prestigiosi teatri russi, e al cinema, suoi i film Parola di Dio (2016) e Summer (2018).
«La Russia si sta autodistruggendo, una catastrofe totale, l’invasione è il risultato di anni di terribile propaganda», ha ricordato che i film russi sono finanziati dalla propaganda, e che la Russia non vuole che un genio venga ricordato anche in quanto omosessuale. Più volte gli è stato intimato e ricordato che non un rublo sarebbe stato dato, in quel caso, al suo film.
La Russia e la sua feroce legge liberticida sulla propaganda gay ha colpito lo stesso Serebrennikov. Vittima di un’accusa, nel 2017, che gran parte della stampa ritiene una scusa per mettere in scena un processo Kafkiano, secondo la quale avrebbe ideato un piano di frode a favore di un investimento di 129 milioni di rubli, che equivalgono a 2 milioni di euro, a favore di un suo progetto. Fu posto agli arresti domiciliari per 18 mesi, e successivamente fu condannato a 3 anni di libertà vigilata. Dopo il pagamento dei 129 milioni di rubli ha lasciato il Paese. «Hanno fatto di tutto per mandarmi via, stanno chiudendo il mio teatro. Mi hanno convocato in tribunale, poi mi hanno permesso di lasciare la Russia.»
Nel paese ha dovuto lasciare suo nonno, gravemente malato, e tutti i suoi affetti, e soprattutto un paese sull’orlo del baratro, sia civile che economico. Paese nel quale era una delle poche voci dissidenti.
La moglie di Tchaikosky è al cinema dal 5 Ottobre, distribuito da Arthouse. Nel cast Alëna Michajlova, nel ruolo di Antonina Miljukovan e Odin Bajron, che è Pëtr Cajkovskij.
Però non ho capito una cosa: se Abramovich ha finanziato il film, vuol dire che si è in qualche modo “compromesso” con un regista inviso al regime di Mosca. Abramovich (magari mi sbaglio) non è un dissidente, tanto che ha subito le sanzioni americane ed europee in prima persona (e se fosse un dissidente sarebbe probabilmente già stato “suicidato” o avrebbe avuto qualche “sfortunato incidente”). È strano che un regista tanto scomodo e critico trovi appoggi in chi, al contrario, col governo è più che colluso.
Dovrei fare una ricerca più approfondita in tal proposito, per poterti rispondere in maniera esaustiva. Se ho un po’ di tempo ci provo